domenica 22 dicembre 2013

Stained glass cookies...ma quando si smette di credere a Babbo Natale?



Quando si smette di credere a Babbo Natale? Mi sono fatta questa domanda perché Dario ha ormai sette anni e, credevo che tra la scuola e il centro diurno dove va a giocare, frequentato anche da bambini più grandi, avesse fiutato qualcosa. Mia madre mi mise davanti al fatto compiuto a sei anni, dicendomi candidamente che la Befana (per quelli della mia generazione era lei la dolce vecchietta a portarci i doni o il carbone) in realtà era lei, io spalancai gli occhi dall’incredulità e con un certo orgoglio da figlia della Befana, ribattei << Davvero sei tu? Ma come fai a portare i regali a tutti i bambini?>>. L’aneddoto è passato alla storia e ancora si racconta durante le festività, ridendo ogni volta della mia ingenuità, in verità, forse, era un tantino presto per farmi smettere di sognare. Ma tant’è!

domenica 15 dicembre 2013

Paté di baccalà in olio cottura con gelatina al mandarino



Io vivrei solo di antipasti. Il mio pranzo ideale sarebbe una serie di assaggini freddi e caldi e un dolce per finire. Ammetto che anche il primo mi fa gola ma, è proprio agli antipasti che non resisto…che poi si dica che rovinano il pasto, che ci vuole più tempo a farli che a mangiarli non m’importa. Mia mamma non li prepara mai, neanche la domenica o per le feste perché, da donna pratica, evita di lavorare tanto per dedicarsi di più alla sostanza. Per me l’antipasto, da piccola, era l’uscita al ristorante, l’occasione di festa nella quale sperimentare piatti inconsueti e diversi…quasi come se mangiare un antipasto mi facesse sentire importante. 

sabato 14 dicembre 2013

Gamberi saganaki...è Natale e io ripenso alle vacanze



Lo so, lo so, me lo dico da sola. Sono fuori tema. Mentre in quasi tutti i blog impazzano le ricette natalizie, io ricordo le vacanze estive. Qualcuno penserà che sono polemica, asociale o solo un po’ matta. E’ che per me, questo è il periodo nel quale vorrei andare in vacanza, staccare da tutto, non dover pensare a cenoni, pranzi e regali e fuggire, possibilmente in un luogo dove non si festeggia il Natale. Niente vetrine, niente, luci, niente babbini sui terrazzi o aggrappati alle finestre, niente lista dei regali, niente adunate di parenti e pranzi all’ingrasso, niente siamo tutti più buoni e auguri di rito. Sarà che a fine anno sono stanca, l’autunno mi immalinconisce ma, il mio ideale sarebbe partire ora e tornare per la Befana. Per motivi vari ogni volta rimandiamo e a me non resta che sognare nuove mete o ripensare a quelle vecchie, al sole, al mare, alle emozioni di  un viaggio passato. Quando ho raccontato di Cefalonia ho finito il post promettendo di raccontare anche la visita a Zacinto ed ecco che la voglia di gamberi saganaki mi ha riportato a ricordare proprio quella gita.


Siamo arrivati a Cefalonia pensando che almeno un giorno l’avremmo dedicato alla visita di un’isola vicina: Lefkàda, Itaca o Zacinto. Io era convinta, convintissima che la meta sarebbe stata Itaca, solo ripetere il nome ancora mi evoca la magia del mito di Ulisse, e tutti i miei sforzi logistici sono andati in quelle direzione, fino a che non ho letto la guida. In pratica lo descriveva come uno scoglio desolato dove delle tracce del mito non c’è rimasto nulla e per di più ogni giorno sbarcano orde di turisti che fanno la minicrociera tra le isole all’assalto dell’unico villaggio in cerca di foto e souvenirs. No, non s’ha da fare. Abbiamo ripiegato su Zacinto, non sapendo bene cosa aspettarci.

 

Lo ammetto prima di salire sul traghetto quello che sapevo dell’isola era “Ugo Foscolo nasce a Zante o Zacinto nel 1778” e, da uno che poi ha scritto i Sepolcri e le Ultime lettere di Jacopo Ortis, non avevo grandi aspettative. 

Il porto di Agiou Nikolaos, dove siamo sbarcato dopo un'ora di traghetto, è minuscolo. L’idea era quella di andare a sud dove, avevo letto nella guida c’era la zona balneare e il Parco Nazionale della Caretta Caretta. Essendo in periodo di deposizione delle uova, sognavo di poter vedere queste tartarughe, veloci in acqua e goffe sulla terraferma, andare a scavare le buche per la deposizione. Anche se ero consapevole che poteva essere solo un sogno dato che tutto accade di notte e un parco non ti consente visite individuali e non concordate, ma mi piaceva l’idea di vedere una posto tanto naturale e affascinante.



Le cose andate diversamente perché al primo bar dove ci siamo fermati per fare colazione, la proprietaria, una svizzera trapiantata nell’isola, ci ha indirizzato a nord verso le Grotte Azzurre e il relitto di una nave, da vedere, secondo lei, presto la mattina, prima dell’arrivo degli autobus carichi di turisti. Ci siamo fidati e abbiamo fatto bene. Quello che ci si è presentato dinanzi è stato il paradiso, una costa a picco, una spiaggia bianca e un gioco di correnti che rende l’acqua di un colore indescrivibile, di un azzurro lattiginoso mai visto.

Da lì abbiamo proseguito verso ovest e poi verso sud passando in quella che è la zona dell’isola più selvaggia e incontaminata dove si gira dimenticandosi che qualcun altro potrebbe guidare nel senso inverso al tuo, dove il solo rumore è quello dell’auto e della natura, dove puoi vedere capre, olivi secolari, il mare cristallino in lontananza, piccoli villaggi e carretti trainati da asinelli. Un’oasi di pace e serenità.


Finalmente a sud, ci siamo fermati a Keri beach per un bagno nelle acque cristalline poi finalmente nella spiaggia delle tartarughe. Finalmente? No NON volevo crederci, una delusione tremenda. Arrivati a Laganas mi è sembrato di entrare nel set di un film ambientato a Las Vegas, luci sgargianti, colori psichedelici, divertimenti e negozi di ogni tipo e giovani ubriachi sulla spiaggia alle 3 del pomeriggio. Ero basita. Persino l’acqua in quel posto mi sembrava brutta e sporca. Pensavo a quelle povere tartarughe che sono nate in quella spiaggia e che tornavano per deporre le uova in quel caos assoluto. Alle tartarughe è concessa una parte della spiaggia che, di notte (almeno di notte) viene chiusa. Non vedevo l’ora di scappare. In verità, eccitata all’idea di vedere le signore del mare, non avevo letto bene la guida che avvertiva di stare lontani da Laganas se si era in cerca di tranquillità. 




Ritornando verso nord, passando per la costa est, siamo arrivati a Zacinto città, la capitale, ricostruita dopo il terremoto del 1953 che non mi ha entusiasmato molto, forse ancora negativizzata dalla vista della città del divertimento. Giunti di nuovo a nord, abbiamo gironzolato per il minuscolo porto,assistendo alle manovre dei pescherecci di ritorno. Un ultimo saluto all’isola e via di nuovo sul traghetto.

 Avevo la ricetta sul libro che ho comprato ma io mi fido solo di lei quando si parla di Grecia

Gamberi 300 g
Feta 100 g
Pomodori maturi 250 g
Concentrato di pomodoro 1 cucchiaio
Peperone verde tipo friariello 1
Cipolla bianca 1 piccola
Olio extravergine di oliva
Sale

Pulire i gamberi togliendo anche il filo nero sul dorso.
Lessarli per 5 minuti in acqua salata. Toglierli e metterli da parte lasciando l’acqua di cottura filtrata.
Tagliare a strisce sottili la cipolla e il peperone. Soffriggere la cipolla in un pochino d’olio (anche un peperoncino se piace) poi aggiungere il peperone tagliato a striscioline fini e far insaporire.
Aggiungere i pomodori freschi passati alla grattugia, e il concentrato di pomodoro diluito in una tazzina da caffè dell’acqua di cottura dei gamberi.
Dopo circa 10 minuti, aggiungere i gamberi e cuocere per altri 5 minuti.
Fare la feta a pezzettini piccoli e unirla agli altri ingredienti. Cuocere per 5 minuti. Finire la cottura nel forno per 10 minuti circa a 200 gradi.




giovedì 5 dicembre 2013

E' scoccata...... L'ora del paTE'





Ecco svelato l’arcano: A Natale basta biscotti perché.....finalmente, oggi, è scoccata 

 - L’ora del paTE' I libri dell’MTChallenge -  

il libro che raccoglie le ricette sfidanti nel gioco dell’MTC. Per chi non lo conoscesse (saranno in pochi), ogni mese viene decisa una ricetta o, come nell’ultimo caso, un ingrediente e tutti i partecipanti apportano delle varianti a seconda della loro creatività e dei loro gusti, seguendo le loro inclinazioni e le loro tradizioni. Ovviamente ci sono delle regole e si può giocare senza stravolgere la ricetta proposta che spesso è un classico della cucina italiana. Durante la sfida vengono presentati approfondimenti sul tema del mese, da parte di chi conosce bene l’argomento , elaborati che sono una vera scuola di cucina. Chi vince non vince nulla se non l’onore e l’onere di scegliere la ricetta successiva, leggere e commentare tutte le ricette e decretare il nuovo vincitore. 





Io ho iniziato in punta di piedi, più per curiosità che per vera convinzione, esattamente alla sfida n° 20 dell’MTC senza chiedere il permesso, senza iscrivermi, ho mandato la mia ricetta e basta e mi hanno accolta come in una grande famiglia. Il gioco è talmente divertente e stimolante che ogni volta ci metto un rinnovato impegno, imparo cose nuove, sperimento, penso, declino la ricetta o l’ingrediente secondo le mie attitudini e i miei gusti. Il gioco e la comunità che si è formata sarebbe già bella così, un manipolo di donne e uomini motivati, spiritosi, divertenti e preparati che ho avuto modo di conoscere (non tutti purtroppo) in giro per l’Italia. 

 

Da questo gioco così divertente è nata una collana di cui il volume proposto è il primo. Un libro di 144 pagine a cura di Alessandra Gennaro, edito dalla SAGEP Editori di Genova, con foto di Sabrina de Polo e illustrazioni di Roberta Sapino (costa 18,00 euro). Raccoglie ricette di 41 patè, 30 pani, 3 chutney e 8 burri che chiunque potrà rifare per Natale o in qualsiasi altra occasione. 


Perché comprarlo? Perché è fatto bene, è bello, ha ricette golose e facili da fare ma soprattutto perché fa del bene e non solo al palato…e qui divento seria:   

Con questo libro, la community dell'MTChallenge sostiene il progetto “cuore di bimbi”, della Fondazione “aiutare i bambini”: nata nel2000, per iniziativa dell'ingegner Goffredo Modena, la fondazione si propone di dare un aiuto ai bambini poveri, ammalati, senza istruzione, che hanno subito violenze fisiche o morali e garantire loro l'opportunità e la speranza di una vita degna di una persona, nel mondo e in Italia. Sono 71 i Paesi del Mondo in cui la Fondazione interviene, realizzando progetti mirati, concreti, nati per rispondere a emergenze reali e portati avanti con abnegazione, serietà e competenza. Fra questi, appunto, c'è“cuore di bimbi”, attivo dal 2005 in 10 Paesi, che ha permesso ad oggi di salvare la vita a 857 bambini altrimenti condannati da gravi cardiopatie congenite, con esiti spesso letali. 

La Fondazione opera nella più assoluta trasparenza, nella convinzione che sia doveroso certificare ogni voce con la massima chiarezza, in un dialogo continuo che unisce chi è desideroso di fare del bene con chi ha la possibilità di farlo in modo concreto, rispettoso e consapevole di muovere nella stessa direzione: quella dell'aiuto alle tante vittime di questo mondo, rese ancora più indifese dall'essere bambini. 

Da oggi, anche noi remiamo con Goffredo, con Sara e con gli oltre mille volontari sparsi sul territorio italiano - e lo facciamo con questo libro che è il primo tassello di quella che ci auguriamo possa essere una collaborazione duratura e proficua
http://www.aiutareibambini.it/
http://www.aiutareibambini.it/component/k2/item/310-sostieni-la-campagna-cuore-di-bimbi



Tutte le copie deL' ORA DEL paTE' contribuiscono alla campagna “cuore di bimbi”, in base ad un progetto che è nato contemporaneamente al libro e si è sviluppato in parallelo: potete trovarle in tutte le librerie d'Italia, 

su amazon
su Ibs
sul sito della casa editrice Sagep

e sul sito della onlus



Perciò che ci fate ancora qui? Correte a comprarlo!

lunedì 2 dicembre 2013

Ciambelle alla carota e gli inganni del cervello



Il cervello accetta ciò che riconosce, agisce secondo schemi prestabiliti, tracce lasciate da esperienze pregresse. Ecco perché mangiamo cozze e vongole ma inorridiamo davanti a insetti fritti o altre specialità esotiche. Magari hanno un buon sapore ma il nostro cervello, la nostra esperienza li identifica come esseri schifosi e ci impedisce anche solo di assaggiarli. 


Ora mangio volentieri il sushi ma, la prima volta, guardavo quei rotolini mollicci e mi chiedevo se, oltre a mangiarli, avrei dovuto anche pagarli. Il primo sashimi a San Francisco nel lontano ’97, mi parve una maledizione (rafano compreso) solo perché, nessuno da noi, fino a quel momento era abituato a mangiare il pesce crudo. 

A me è capitato di verificare questa condizione anche con Dario, i bambini all’inizio sono incuriositi dal cibo anzi a volte percepiscono come cibo qualsiasi cosa capiti loro a tiro e la mettono in bocca, usano la bocca per capire e conoscere però poi, crescendo, con il loro piccolo bagaglio di esperienza e sapori diffidano delle novità e convincerli a assaggiare diventa un’impresa epica. Dario all’età di un anno andava nell’orto a strappare i pomodorini dalla pianta per mangiarseli ma già a 2/3 anni li ha rifiutati categoricamente continuando però a mangiare la passata. In Spagna mangiava allegramente il pan y tomate perché il pomodoro non si chiamava pomodoro ed era strusciato sul pane in una forma completamente diversa dalla sua idea di pomodoro. 


Qualche anno più tardi volevo che assaggiasse le orecchiette con i broccoli ma tutto ciò che è verde lo disturba, tutto, tranne il pesto. Al momento del pasto, avendo cotto molto i broccoli e ridotti in poltiglia gli ho detto che era pasta al pesto: l’ha mangiata tutta. Il suo cervello aveva dato l’ok perché nella forma e nel colore era uguale al pesto. Di queste pseudo furbizie/inganni da mamma di un pargolo che ha sempre mangiato poco, ne ho praticate molte negli anni e purtroppo devo continuare.

Una torta fatta in casa, anche se fatta con gli ingredienti più buoni e che a lui piacciono, manca di attrattiva, la semplice fetta non corrisponde alla sua idea di merenda o merendina perciò, spesso, ringrazia ma poi vuole altro. Ecco che ho pensato di fare una torta da colazione in forma di ciambellina, una monoporzione rispondente alle sue aspettative e facile da portare nello zaino. Riuscirò a convincerlo?


Per circa 10/12 ciambelline

Burro 125 g
Zucchero muscovado185 g
Uova 3
Estratto di vaniglia 1 cucchiaino
Farina 200 g
lievito bio 1 bustina
Spezie miste 1 cucchiaino
Noci sgusciate 80 g
Sale un pizzico
Carote bio 250 g
zucchero a velo per decorare

Montare il burro con lo zucchero, poi unire le uova, una alla volta. Aggiungere l’estratto di vaniglia e un pizzico di sale. Unire la farina e il lievito precedentemente setacciati un po’ per volta e mescolare bene. Unire le carote in precedenza pulite e tritate e le noci passate pochi secondi al mixer Aggiungere le spezie miste e mescolare bene. Versare il composto in uno stampo per ciambelline (tipo donuts. Imburrato e infarinato. Infornare a 180° per 15/20 minuti. Una volta raffreddate spolverare con zucchero a velo.
La ricetta base è presa da qui poi, ovviamente ho fatto di testa mia.